lunedì 23 marzo 2015
Gamification Marketing: Fitocracy, gli esercizi in palestra sono un gioco
Con la bella stagione in arrivo, bisogna obbligatoriamente iniziare a pensare alla prova costume.
Se non è sufficiente rincorrere treni e metropolitane andando in ufficio, una buona e sana attività fisica dovrebbe riconsegnare quel senso di piacevole benessere che sempre più spesso viene ricercato.
Per l’amato iPhone, esiste una categoria dedicata alla Salute e, in questa, si ritrovano piacevoli personal trainer disposti a memorizzare ogni vostro minimo gesto pur di farvi sentire bene. E’ il caso di Fitocracy, recente applicazione che promette di trasformare la passione per il fitness in vero e proprio videogame.
Scelta una tra le possibilità standard di login (da sottolineare la possibilità di utilizzare il proprio account di Runkeeper), bisogna configurare il proprio profilo. Telecamera alla mano, scattati una foto e decidi il tuo nickname.
In Fitocracy, ogni cosa, ogni pagina, ogni passaggio è attentamente studiato. La grafica che è stata creata vale la pena di essere guardata anche solo per un confronto ed avere un punto di riferimento. Non vi è un solo tap o una sola funzione senza un effetto o un messaggio dettagliato.
Oltre alla grafica, è chiara anche la componente social di questa applicazione. Indicate le proprie caratteristiche fisiche e scelto gli interessi principali (dal cardio al perdere peso), una serie di gruppi verranno mostrati come prioritari per i propri obiettivi, così come si potrà scegliere un elenco di amici con cui motivarsi.
Non a caso, la pagina principale di Fitocracy si chiama feed e ci permette di aggiornare lo stato, leggere le attività della community, partecipare con commenti e suggerimenti. La vera attività di gaming la si nota nella schermata di riassunto e nella realizzazione di un workout, una serie di esercizi o di attività che è possibile personalizzare.
La particolarità, infatti, è nell’estremo dettaglio per ogni esercizio presente nel database decisamente numeroso. Non vi sono inegnosi strumenti di verifica per gli esercizi compiuti ma è indubbiamente uno strumento eccezionale per pianificare i compiti consigliati o impostati a piacimento.
Finito l’insieme di esercizi scelti, il robot di Fitocracy calcolerà quanti punti compongono lo sforzo raggiunto e, così, inizierà la scalata della classica mondiale dei successi del fitness. Numerose le possibilità e il livello di personalizzazione. Serve un minimo di competenza per organizzare le ripetizioni e, per il momento purtroppo, è necessaria una continua traduzione dell’inglese.
Ben fatto, ben studiato, ben realizzato: immancabile per gli esperti e i cultori dell’attività fisica e stimolante gioco per chi deve essere incoraggiato
.http://gadget.wired.it/reviews/applicazioni/2012/04/27/fitocrazy-app-esercizi-palestra-gioco-32678.html
lunedì 16 marzo 2015
Programmatic marketing con Virgin Active Group
Torna in campagna Virgin Active, società del gruppo Virgin
attiva del settore fitness e benessere, con una presenza nelle
principali città italiane allo scopo di allargare le iscrizioni nei
propri Club. A supporto dell’attività di comunicazione, Initiative, agenzia media parte di IPG Mediabrands, guidata in Italia da Vita Piccinini, ha curato la pianificazione di una campagna integrata su diversi mezzi.Allo scopo di reclutare nuovi clienti è stata infatti ideata da Virgin Active Group una campagna integrata con messaggio globale ‘Always Discovering’, che invita tutti a ‘Scoprire come fare un salto in avanti’, recandosi nei diversi Club Virgin Active in Italia per il ritiro di uno Start Pack e la scoperta degli esclusivi allenamenti The Grid e Yoga&Pilates da provare a casa. La campagna è stata declinata sul territorio nazionale, con mezzi tattici in grado di lavorare in un’ottica di geo-localizzazione e geo-targettizzazione.
Grazie al mezzo digital è stata studiata un’attività geo-profilata che ha interessato le città che ospitano i 29 club, con una pianificazione cross device, sia desktop sia mobile, in grado di utilizzare in maniera sinergica diversi strumenti: display, Dem, Social Adv.
La campagna ha sfruttato anche le potenzialità di Cadreon, trading desk del Gruppo Interpublic, specializzato in servizi di programmatic marketing, con l’obiettivo di potenziare il focus sulle aree geografiche di interesse e sul target di riferimento attraverso una pianificazione in real time bidding e una geo-profilazione mirata.http://www.engage.it/campagne/virgin-active-punta-digital-geolocalizzazione-per-campagna-always-discovering-pianifica-initiative/31329#.VQbfbuGhqb4
Wellness: mens sana in corpore sano
Il wellness ha monopolizzato le nostre
vite. Il detto latino mens sana in corpore sano è diventato
un’ossessione, un imperativo morale. Anzi il corpo ha preso il
sopravvento: è diventato il mezzo per provare la nostra identità
attraverso scelte corrette, per sviluppare le nostre potenzialità
intellettuali, emotive, spirituali ma soprattutto il passaporto per
diventare un cittadino modello, integrato nella società. «Fino a qualche
anno fa il wellness era uno stile di vita alternativo per pochi
fissati, oggi è un’ideologia mainstream, che permea ogni momento della
nostra giornata, il modo di lavorare, mangiare, pensare», dice Carl
Cederström, autore con André Spicer di The Wellness Syndrome (Polity
Books). Dobbiamo stare bene a tutti i costi certo, ma perché? A che
serve diventare umani perfetti? «A renderci soprattutto più produttivi
nel sistema capitalista e più desiderabili nel grande talent show del
mercato del lavoro», dice Cederström. L’etica del lavoro si è tramutata
in etica del workout, l’allenamento. Secondo un sondaggio recente più
della metà delle società americane con oltre 50 dipendenti offre
programmi di fitness. In Europa la compagnia svedese Scania (camion)
mette a disposizione dei dipendenti palestra, passeggiate di venti
minuti in pausa pranzo, più un team di psicologi, medici ed esperti del
comportamento che lavorano con le risorse umane per produrre impiegati
con uno stile di vita perfetto 24 ore su 24.A qualcuno possono sembrare misure invadenti, coercitive. In realtà i dipendenti sembrano non pensarla così. «In tempi di crisi globale, quando è facile essere licenziati, bisogna tenersi in forma e il programma della società ti aiuta», dice uno degli intervistati. Se non ci riuscite, almeno fingete. Lo sanno bene i lavoratori precari di Amazon «a cui viene richiesto di proiettare comunque un’immagine di sè sicura, positiva, idonea al lavoro». Altrimenti fatevi aiutare da un coach, l’allenatore preposto a risolvere problemi personali, farvi trovare un lavoro, eliminare stili di vita tossici: non è un caso che l’industria del coaching abbia un giro d’affari da due miliardi di dollari all’anno. vite. Il detto latino mens sana in corpore sano è diventato un’ossessione, un imperativo morale. Anzi il corpo ha preso il sopravvento: è diventato il mezzo per provare la nostra identità attraverso scelte corrette, per sviluppare le nostre potenzialità intellettuali, emotive, spirituali ma soprattutto il passaporto per diventare un cittadino modello, integrato nella società. «Fino a qualche anno fa il wellness era uno stile di vita alternativo per pochi fissati, oggi è un’ideologia mainstream, che permea ogni momento della nostra giornata, il modo di lavorare, mangiare, pensare», dice Carl Cederström, autore con André Spicer di The Wellness Syndrome (Polity Books). Dobbiamo stare bene a tutti i costi certo, ma perché? A che serve diventare umani perfetti? «A renderci soprattutto più produttivi nel sistema capitalista e più desiderabili nel grande talent show del mercato del lavoro», dice Cederström. L’etica del lavoro si è tramutata in etica del workout, l’allenamento. Secondo un sondaggio recente più della metà delle società americane con oltre 50 dipendenti offre programmi di fitness. In Europa la compagnia svedese Scania (camion) mette a disposizione dei dipendenti palestra, passeggiate di venti minuti in pausa pranzo, più un team di psicologi, medici ed esperti del comportamento che lavorano con le risorse umane per produrre impiegati con uno stile di vita perfetto 24 ore su 24.
A qualcuno possono sembrare misure invadenti, coercitive. In realtà i dipendenti sembrano non pensarla così. «In tempi di crisi globale, quando è facile essere licenziati, bisogna tenersi in forma e il programma della società ti aiuta», dice uno degli intervistati. Se non ci riuscite, almeno fingete. Lo sanno bene i lavoratori precari di Amazon «a cui viene richiesto di proiettare comunque un’immagine di sè sicura, positiva, idonea al lavoro». Altrimenti fatevi aiutare da un coach, l’allenatore preposto a risolvere problemi personali, farvi trovare un lavoro, eliminare stili di vita tossici: non è un caso che l’industria del coaching abbia un giro d’affari da due miliardi di dollari all’anno.
http://d.repubblica.it/beauty/2015/03/11/news/wellness_fai_da_te_benessere_consigli-2519390/
mercoledì 4 marzo 2015
La Generazione Y/z (Millennials): 1980-2000 :Il tuo piano di marketing è pronto?
Oggi per svilupare mercato dobbiamo intercettare gli interessi di queste nuove generazioni: occorre definire un piano di contenuti e mezzi inn linea con le loro caratteristiche
La Generazione Y (Millennials): 1980-2000
Sono i figli delle nuove tecnologie , coloro che sono eternamente connessi, coloro che restano più tempo a casa, quelli abituati a vivere in un mondo liquido e precario ,caratterizzato dalla morte delle ideologie (quando è caduto il muro di Berlino o erano appena nati o dovevano ancora nascere).
La definizione “Generazione Z” abbraccia i nati dopo il 2000
Sono i figli della Rete, dei tablet, degli smartphone.Peculiarità:
- Sono iperconnessi
- Sono multimediali
- Sono autonomi
- Mirano alla rapidità più che all’accuratezza
- Sono attenti ai problemi globali
- Riescono a gestire il flusso continuo di informazioni.
http://www.enterrasolutions.com/2014/03/targeted-marketing-millennials-moving-targets-part-2.html
lunedì 16 febbraio 2015
Strategie di Marketing automation nei fitness club:dalla lead generation alla lead nurturing
C’è chi pensa che le newsletter siamo ormai ‘morte’ sostituite dai
social media come modo per le imprese di rimanere in contatto con gli
utenti interessati ai loro aggiornamenti ed alle loro offerte e tale
opinione potrebbe anche essere corretta se escludessimo da questo
ragionamento soggetti come i siti di vendite private che invece, agendo
su un modello di eCommerce emozionale e facendo leva sull’acquisto di
impulso, traggono dalle newsletter una fonte importante dei loro ricavi e
curano con attenzione maniacale la pulizia dei loro database e
l’efficienza delle loro attività di e-mail marketing.
Se, in ogni caso, le newsletter sono morte, lunga vita però hanno ancora le mail nella loro versione non massiva, ma “individuale” ed automatica.

Le mail “transazionali” – il recupero password o l’invio di una fattura, per esempio, sono infatti sempre lette e più utilizzate come ambiente di comunicazione e relazione con l’utente e stanno prendendo piede le mail “triggered” che vengono spedite all’avverarsi di particolari condizioni: le mail inviate in caso di una registrazione o di un carrello abbandonati, gli invii con il pdf della scheda prodotto a seguito di una permanenza sulla pagina superiore a un certo tempo fino ai suggerimenti di informazioni simili in relazione ad un certo comportamento sul sito fanno sempre più parte delle strategie di “marketing automation” intraprese dalle aziende online.
La marketing automation consente sempre più infatti di passare dalla fase di Lead generation – condotta grazie ai social media ed al web marketing – alle progressive fasi di lead nurturing anche grazie al collegamento possibile fra gli ambienti esterni al sito, il sito e il CRM aziendale.
Sentiremo sempre più parlare di “marketing automation” e forse quest’ambito colmerà il gap che ancora esiste fra aziende business to business e aziende business to consumer nel loro usare con profitto la Rete e le sue tecnologie.http://www.key4biz.it/vortici-digitali-marketing-automation-newsletter-morte-viva-newsletter/
Se, in ogni caso, le newsletter sono morte, lunga vita però hanno ancora le mail nella loro versione non massiva, ma “individuale” ed automatica.

Le mail “transazionali” – il recupero password o l’invio di una fattura, per esempio, sono infatti sempre lette e più utilizzate come ambiente di comunicazione e relazione con l’utente e stanno prendendo piede le mail “triggered” che vengono spedite all’avverarsi di particolari condizioni: le mail inviate in caso di una registrazione o di un carrello abbandonati, gli invii con il pdf della scheda prodotto a seguito di una permanenza sulla pagina superiore a un certo tempo fino ai suggerimenti di informazioni simili in relazione ad un certo comportamento sul sito fanno sempre più parte delle strategie di “marketing automation” intraprese dalle aziende online.
La marketing automation consente sempre più infatti di passare dalla fase di Lead generation – condotta grazie ai social media ed al web marketing – alle progressive fasi di lead nurturing anche grazie al collegamento possibile fra gli ambienti esterni al sito, il sito e il CRM aziendale.
Sentiremo sempre più parlare di “marketing automation” e forse quest’ambito colmerà il gap che ancora esiste fra aziende business to business e aziende business to consumer nel loro usare con profitto la Rete e le sue tecnologie.http://www.key4biz.it/vortici-digitali-marketing-automation-newsletter-morte-viva-newsletter/
lunedì 9 febbraio 2015
Marketing automation per sviluppare Demand generation: compilare form lunghi o corti per avere i lead?
Generare nuovi lead attraverso call to action:compilazione di un form
Probabilmente,
la domanda più importante che ci si pone quando si progetta un modulo è questa:
"quanto deve essere lungo il modulo?".
Siccome la
lunghezza del modulo è determinata soprattutto dal numero di dati richiesti,
con questa domanda ci si sta chiedendo quante informazioni si dovrebbero
richiedere.
La risposta più
ovvia è che occorre domandare solo i dati di cui si ha bisogno per contattare e
qualificare un lead. Ma è una risposta troppo semplice, che dice ben poco: il
rischio è quello di riempire il modulo con un lungo elenco di richieste.
Bisogna
innanzitutto considerare che la disponibilità delle persone a completare un
modulo non dipende solamente dalla sua lunghezza.
Fattori che
influiscono sul saggio di completamento del modulo
In particolare:
- il valore di quello che viene offerto in cambio del completamento del modulo: è abbastanza prezioso per il visitatore da spingerlo a completare il modulo?;
- il tipo di informazioni richieste: sono troppo personali da dissuadere i visitatori a completare il modulo?
- la credibilità del sito e il senso di sicurezza e di rispetto della privacy che infonde nel visitatore: il visitatore ha abbastanza fiducia da sentirsi sicuro nel fornire i propri dati personali?
Questi fattori
- insieme alla lunghezza del modulo - contribuiscono a determinare il saggio di
completamento del modulo e, quindi, il saggio di conversione della landing
page.
uno studio
condotto da Hubspot su oltre 40.000 landing page ha verificato come i saggi di
conversione diminuiscano all'aumentare del numero dei campi presenti nel modulo
-
http://demandgeneration.typepad.com/
http://demandgeneration.typepad.com/
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